Data: 31/12/2007 - Anno: 13 - Numero: 4 - Pagina: 15 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Antonio Fiorenza (Altri articoli dell'autore)
Tra i venditori ambulanti che si aggiravano per le strette vie dei nostri paesi a vendere le mercanzie, a barattare "pezze 'e lana vecchia" con alcuni oggetti, sopramobili, quadri ed altro, bene impressa resta la figura del "Fezzaru" che comprava la feccia delle botti, "a fezza 'e gutti", fino agli anni Quaranta del Novecento. Piuttosto basso di statura, capelli bianchi, con un aristocratico paio di baffi, u Fezzaru era un personaggio simpatico, cordiale, complimentoso, un volto familiare, una voce amica, che si faceva annunciare settimanalmente, a sole alto, appunto col suo grido inconfondibile: "U fezzaru vinna! pettina, rocchella, ajjiòmmara!" Negli scomparti della gerla di legno, che egli portava a tracolla, -una merceria ambulante vera e propria!- si trovava di tutto: bigiotterie, chincaglierie, bustine di aghi, ditali, forbici, spilli di sicurezza, spagnolette, rocchetti di filo e di seta, fettucce, pettini, "pettinisse", bottoni di vario tipo, anche di madreperla, carta per scrivere specie per posta aerea, ed altre minuterie. Richiesti soprattutto i merletti -"pizzetti"- che vendeva a palmo, (25 centimetri circa), impiegati per guarnire "tuvajji 'e testa" di lino, tessute al telaio, i colletti di alcune camicie, dette "cammisi c'u pizzu", il bustino -copripetto- "u mbustinu" -"corpettu"-, una specie di bolerino, per lo più di raso o broccato, che le nostre nonne indossavano sulla camicia, prima dell'avvento della camicetta. Scendevano per la strada a comprare soprattutto le sartine -"discipule"- che compivano l'apprendistato di taglio e cucito presso la "maistra", quando non frequentavano, primi anni Cinquanta del secolo scorso, appositi corsi organizzati dalla Singer o dalla Necchi. Ora non resta che un vago ricordo di quel tipo di società autarchica, che viveva contenta di poco, attaccata alla famiglia e al lavoro, capace di tanti sacrifici e di incommensurabili gesti di solidarietà, di cui il "Fezzaru" rappresenta un calzante aspetto. |